giovedì 8 gennaio 2015

La prima volta con i Tortellini



Residui delle feste in questo post. 
Sintetizzando il mese di dicembre posso annotare:  ricette nuove sperimentate, pasta fresca e panettoni riusciti a metà, esperienza di volontariato, traslochi e viaggi in nord Europa. Movimentato ma non troppo…c’è stato di peggio!
Riflettendoci, tutti i giorni rossi in calendario in casa mia si vivono in cucina. C’è chi indossa tuta e sci, chi si concede gite fuori porta e passeggiate tra i diversi bar e aperitivi, io invece il mio Natale lo vivo qui, tra guantoni da forno, pisto e uvetta. I profumi della cucina in questo periodo sono unici e irripetibili e in questi pochi giorni si concentrano una serie di attività culinarie a cui non si può rinunciare, non si deve.
Dopo i panettoni, poco terroni, e i più terroni tra i dolci natalizi, roccocò e mostacciuoli,  il giorno di S. Stefano ci si mantiene leggeri. Tortellini in brodo. E quanto sia bello farli da sé, i tortellini al prosciutto crudo, lo scopro solo ora, quest’anno per la prima volta.
Ho fatto una classica pasta all’uovo utilizzando per ogni uovo circa 100 grammi di farina e un pizzico di sale. Il segreto, credo di aver capito, sia nel sentire l’impasto. Non aggiungere tutta la farina in un solo colpo ma a piccole dosi, per potersi fermare quando l’umidità della massa non ne richiede oltre. 


Altri utilizzano una parte di acqua o ancora solo tuorli. Ho sperimentato anche queste versioni. Nell’impasto a cui, sostituendo un uovo, ho aggiunto dell’acqua la massa di è comportato allo stesso modo di quella con sole uova. In quello invece di soli tuorli si ottiene un impasto molto più colorato e molto più duro, facilmente vittima dell’aria e quindi da coprire ad ogni passaggio in quanto secca rapidamente.
Il ripieno : due parti di crudo e una di cotto, un tuorlo a legare solo se necessario. Per i tortellini è necessario che il ripieno sia di 2/3 grammi ,  la pasta deve essere stesa molto sottile ( livello 6 della nonna papera) e tagliata a quadratini di 5 cm. Creare il tortellino è semplice: formare il quadrato, inserire la pallina di ripieno, chiudere due vertici del quadrato a formare un triangolo, ripiegare all’insù gli altri angoli e unirli tra di loro. Più difficile scriverlo che farlo!

domenica 7 dicembre 2014

Al Gianforno


Sogno o son d’esta ?1? Credo di aver attraversato Ponte Milvio ed essermi ritrovata improvvisamente in una patisserie sulla Senna, o forse in un Delicatessen danese, non sono sicura di essere ancora a Roma…devo aver sbagliato bus. 
Ah no…all’ingresso quel “bella regà” mi fa tornare alla realtà. Largo Maresciallo Diaz, di fronte a me Ponte Milvio, alla mia sinistra il Foro Italico e più avanti la Farnesina, sono ancora in Italia, ma che spettacolo allora! 
Il Gianfornaio, una pasticceria/panetteria, un bar/snack bar, una pizzetteria/sala da the. Tutto in un’armonia di farina, zucchero e profumi delicati. Niente stona in questo posto, le insegne che indicano i vari settori sono in pasta di pane, così come le indicazioni “uomo/donna” alla toilette. E i decori natalizi, anche quelli di pane, rappresentano alberelli decorati e stecche di cannella. Una tonalità color biscotto che invita a sedersi, sorseggiare un caffè e ammirare il ponte…o come me, invece, le vetrine! 
In ordine, reparto frolle al taglio, biscotti secchi in ampolle, biscotti farciti, distese di lingue di gatto e meringhe in ogni forma e tipologia, pizze in placca servite su piccole tavolozze di legno, bruschette e taralli rustici, pasticceria tradizionale, panettoni e pandori (da mezzo chilo a 10 kg), cioccolata e cioccolatini artigianali, assortimento di the, tisane e infusi con tanto di bollitore e servizio vintage. 
Le persone sembrano felici di entrare e ancor più di uscirne con un sacchettino pieno. Io invece mi accontento di un caffè Illy (ottimo) accompagnato da piccola pasticceria secca dal gusto come fatto in casa. C’è odore di buono in questo posto, ma nessun profumo eccessivo o prevalente, così lo stomaco e la vista sono portati istintivamente a scegliere. La saletta laterale somiglia ad uno Sturbucks all’italiana, più accogliente, senza wifi, con studenti giovanissimi chinati su libroni di anatomia, accanto a piccole tazze di caffè espresso. Decisamente e meravigliosamente Made in Italy.

giovedì 4 dicembre 2014

Crostata diplomatica alle amarene



La pasta frolla. La adoro.
Credo sia l’elemento base di pasticceria più versatile, buono, accattivante, fantasioso e curioso che esista. Insomma, mi piace in ogni forma e condizione. Ovviamente se ben fatta. Non una frolla lenta ma nemmeno una frolla dura come sassi. E poi le sue mille declinazioni: frolla montata, frolla per cartellette, frolla friabile, frolla solo tuorli, frolla crumble, frolla al cacao, frolla integrale, frolla salata. La fantasia può giocare in campo aperto. 
Dopo questo mio personale “elogio della frolla” passo a spiegare il perché di tanta passione proprio oggi. Ho sfornato ieri una crostata alla crema diplomatica e amarena a dir poco spettacolare. Non è di certo un mio merito, ma quanto dell’ingrediente base e principe di questo dolce. 

Una buona pasta frolla deve essere innanzitutto liscia, e per questo nella mia ricetta non c’è zucchero ma zucchero a velo. 
Questo favorisce non solo la compattezza della pasta ma anche la croccantezza. Per farne una torta farcita però trovo che non sia piacevole la sensazione di non riuscire a tagliare con la forchetta la propria fetta ed essere costretti a ricorrere a strane posizioni o escamotage per poterne mangiare in briciole quel che resta nel piatto. Per evitarlo aggiungo sempre alla dose un cucchiaino di lievito per dolci. Di regola, la ricetta base della frolla non vuole lievito. Questo, si può dire, è un trucco casalingo che farebbe inorridire qualunque maitre patissier. 
Unendo alla frolla  crema diplomatica e un fondo di marmellata di amarena ho ottenuto il sapore dolce della torta della nonna ma più morbido e stemperato dall’acidulo delle amarene.

La dispensa per la mia frolla:
130 gr burro
80 gr zucchero a velo
50 gr uovo intero
20 gr tuorlo
300 gr farina 00
Pizzico di sale
1 Cucchiaino di lievito per dolci
Aroma (in questo caso ho usato la buccia di un limone)

domenica 23 novembre 2014

Chocolate crinkles




Oggi voglia di dolcezze semplici e golose. Cosa più dolce, semplice e, ovviamente, goloso, del cioccolato. Fondente al 60%. E allora anche il più soleggiato sabato pomeriggio si trasforma in un sabato di fine novembre semi-invernale, dal gusto forte e avvolgente, pieno di sapori decisi che servono a scaldare e a coccolare. 
Ho deciso, per questa esperienza paradossale di finto inverno (che qui al sud, per ora, non accenna ad arrivare!), di sperimentare una ricetta che avevo letto e strariletto cento volte su uno dei miei blog preferiti, se non il mio preferito in assoluto, il blog di Minù ( http://lericettediminu.blogspot.it/). Un blog di classe e professionale dal quale traspare la preparazione di una neo pasticcera diplomata che affronta ogni ricetta con scrupolosa attenzione. Un blog semplice ma stupendo. Amo le sue ricette, il suo modo di trascriverle, il modo e la gentilezza con cui risponde a chiunque faccia anche la domanda più banale. E dai miei viaggi tra le sue proposte ho scelto di provare una ricetta velocissima che si è rivelata proprio come l’avevo immaginata…golosissima!
 Da varie letture ho scoperto poi che queste bontà, i Chocolate crinkles, si diffondono in rete dall’originale video ricetta di www.joyofbaking.com, chiamati da alcuni i biscotti “black & whites”, la ricetta tradotta in italiano, corredata da tanto di tabella nutrizionale e consigli pratici, è diffusa invece dall’ABC Magazine (http://www.abcmagazine.it) attraverso un utilissimo file pdf liberamente scaricabile. Insomma, ci vuole più tempo a reperirne informazioni e foto che a farli! Io non ho raggiunto in  pieno  la “spaccatura” tipica di questi biscotti/pasticcini ma sono comunque soddisfatta. 


Vi riporto la ricetta di Minù (con qualche mia osservazione):

200gr di cioccolato fondente
75gr di burro
110gr di zucchero
2 uova
250gr di farina00
2 cucchiai di cacao amaro  ( ps: io ho aggiunto qualche cucchiaio in più di cacao, l’impasto mi
                                                   sembrava troppo chiaro)
poco meno di un cucchiaino di lievito per dolci
un pizzico di sale
estratto di vaniglia

Cosa fare: 

Sciogliere a bagnomaria il burro e il cioccolato fondente.
Lavorare con le fruste uova e zucchero e aggiungerle al composto di cioccolato intiepidito.
Si ottiene un composto colloso, aggiungete a questo punto le polveri (cacao amaro, farina, lievito, vaniglia e sale) che avrete già setacciato.
L’impasto va fatto riposare in frigo fino ad ottenere un impasto simile ad una frolla. Dopodiché formate delle palline della stessa dimensione (come una noce sono perfette secondo me) e ripassatele prima nello zucchero semolato e poi nello zucchero a velo (questo serve a rendere lo strato bianco caratteristico di questi biscotti spesso e compatto).
Io ho mantenuto delle palline belle tonde, che in cottura inevitabilmente si abbassano un po’  ma mantengono una bella rotondità. Si possono anche appiattire volendo, ma il risultato secondo me non è lo stesso.
In forno preriscaldato a 170° per 9/10 minuti. Attenzione quando sfornate! Saranno morbidissimo e crepati quindi un gesto falso e li romperete! Lasciateli in placca a freddare oppure prendeteli con attenzione e fateli raffreddare su una gratella. Si conservano anche una settimana in busta chiusa.

Voilà! 

domenica 9 novembre 2014

"Incaviamo" gli gnocchi



Quando una persona cara ci lascia restano mille ricordi che cerchiamo di preservare dal tempo e dalla routine, per dedicargli un posto unico nella nostra memoria e per far si che viva in eterno nelle nostre, ma prima sue,  piccole cose che tra le tante scegliamo di tenere strette a noi. Credo che in fondo non si  smetta mai di vivere se anche solo un oggetto, una parola, un gesto, riescono a urlare forte il suo nome e farne sentire di nuovo la voce come se ci stessi suggerendo cosa fare, come se ci stesse ancora rimproverando per come “incaviamo” male i suoi gnocchi. Penso sia veramente una delle cose più belle della nostra esistenza, poter lasciare un segno. 

E in questa domenica un po’ grigia la mia cucina si dedica allo “Gnocco della nonna incavato alla forchetta”. Una ricetta che non ritroverete in nessun blog, libro, rivista o sito internet. Una ricetta che è così semplice ma così ricca di valori e ricordi che non si può spiegare nè imitare.

 Fare gli gnocchi in casa, cosi come la pasta ripiena o la pasta fresca in genere, rappresenta un momento di unione e riunione di tutta una famiglia che armata, nel mio caso, di forchetta, si riunisce intorno al tavolo da lavoro e si sporca di farina per dare il proprio contributo e poter dire : ”ehi…anche io ho fatto gli gnocchi!”. 
Forse perché la pasta  in sè è diventata un elemento usato e consumato in abbondanza, commerciale e adatto a tutte le tasche, eccellenza del Made in Italy esportata nel mondo e principessa della dieta mediterranea, forse per questo la sottovalutiamo, o meglio, la diamo per scontata. Ma quando poi ci si prova, si prendono due ingredienti, acqua e farina, e si pretende da questi di ricavarne uno gnocco alla sorrentina, allora qui si capisce la meraviglia! 
Purtroppo devo dire che non c’è veramente ricetta che possa essere trascritta che, seppure seguita pedissequamente, dia come risultato sempre lo stesso impasto per gnocchi. La temperatura dell’ambiente, il calore delle mani che lavorano, la durezza dell’acqua, la tempra della farina. Troppe variabili per poter essere precisi. E allora è qui che interviene l'abilità di chi in cucina sente e vede prima di tutto gli ingredienti tra le mani e poi, se non basta la memoria di figli e nipoti, scrive…


…inziare da 600 gr. di farina, unire poco alla volta 400 gr. di acqua calda, mescolare prima energicamente con un cucchiaio di legno, poi dolcemente a mano, solo quando l’impasto è tiepido aggiungere 1 uovo.  Cuocere, pochi alla volta, in acqua salata. Tirare via quando tornano su a galla.


Grazie nonna per questa eredità.